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#03 / Il Roomba spione
Nel frammento di oggi: Roomba, il robot che ti spia in casa / INPS, INAIL e ISTAT formano una software house per dominare il welfare digitale / Meme e citazione del giorno.
Roomba e “home as a service”
In questi giorni Amazon ha annunciato di voler acquistare per 1.7 miliardi di dollari iRobot Corp., l’azienda che produce il famoso Roomba, il robottino che da anni pulisce la casa di milioni di persone (e non bisogna neanche pagargli i contributi).
Perché Amazon vorrebbe spendere una somma così enorme per acquistare un’azienda che produce elettrodomestici? Il motivo possiamo trovarlo in un’affermazione del CEO di iRobot:
“The vacuum cleaners and the other devices are hands and eyes and appendages of the home robot. Ultimately, this smart home of the future isn’t controlled by you cell phone. If you have 200 devices, you’re not going to turn them on by pulling out your cell phone. We need a home that programs itself, and you just live in your home, and the home does the right thing based on understanding what’s going on.”
Il Roomba, e molti altri ingegni della robotica, non sono più semplici elettrodomestici, ma appendici di un ecosistema informativo molto più ampio, che andrà a definire le “smart home” del prossimo futuro: una casa che vive nel Cloud, con aggiornamenti software, bug fixes, e sistemi decisionali automatizzati che - in teoria - dovrebbero renderci la vita più confortevole.
I dati sono ovviamente la linfa vitale di un ecosistema del genere, ed ecco allora che il Roomba (e altri dispositivi) diventano gli occhi e le orecchie di centinaia di aziende che forniscono i servizi necessari a far funzionare il tutto.
Il Roomba non si limiterà a pulire, ma fornirà una scansione in tempo reale e sempre aggiornata della nostra casa, che magari poi potrà essere usata per suggerirci e venderci miglioramenti, rinnovamenti e tanto altro. Insomma, un’altra dimensione della profilazione e dell’advertising.
A questo deve aggiungersi poi una questione etica, ma anche molto pratica: che succede quando la nostra casa diventa un servizio in Cloud? Che succede quando ciò di cui prima potevamo disporre in quanto proprietari di una casa diventa invece un agglomerato di servizi in licenza d’uso?
You’ll own nothing and you’ll be happy, dicevano quelli del World Economic Forum.
Quando tutto sarà un servizio, quando anche la casa diventerà “home as a service”, potremo davvero affermare ancora di essere proprietari e liberi di disporre dei nostri beni?
Il discorso non vale solo per le case, ma anche e soprattutto per le città in cui viviamo, che qualcuno vorrebbe far diventare “smart” allo stesso modo.
INPS, INAIL e ISTAT insieme per il digitale
Pare che nel 2023 INPS, INAIL e ISTAT si metteranno insieme con le rispettive competenze (?) per creare una software house che promette di fatturare 1 miliardo di euro fin dal primo anno (facile così).
La software house fornirà servizi ai tre enti, a Palazzo Chigi e al Ministero del Lavoro. Su un articolo di Wired si legge che:
“Ogni servizio che i governi ci chiedono di implementare deve essere progettato guardando all'esperienza utente, che sia cittadino, azienda o intermediario. Puntiamo alla omnicanalità: diamo la possibilità di scegliere le modalità di accesso, digitale, via app o agli sportelli, grazie anche alla forte collaborazione con i patronati e i commercialisti.
Con la pandemia ci siamo resi conto di non essere il centro del mondo e che servono sinergie forti per dare le giuste risposte perché il vero servizio digitale non lo può fare una sola amministrazione”.
Lo scopo sarà quindi riunire i sistemi software dei tre enti per migliorare l’efficienza. La principale implicazione di tutto questo è che la neonata software house 3-I sarà un soggetto accentratore e aggregatore di miliardi di dati che oggi viaggiano su binari separati tra INPS, INAIL e ISTAT e spesso vengono trattati da soggetti esterni.
L’accentramento di dati, specie nelle mani dello Stato, non è mai una buona idea; si creano rilevanti asimmetrie informative e (quindi) di potere e aumentano i rischi di utilizzo secondario dei dati, grazie alla maggiore disponibilità degli stessi da parte di un singolo accentratore. È ciò che ha fatto la fortuna di Google e Facebook, ed è il motivo per cui oggi godono di tale potere economico e politico. Non vedo per quale motivo gli stessi principi non debbano valere nei confronti dello Stato.
Oltre a questo evidente rischio, la rinnovata efficienza sarà senza dubbio un ottimo pretesto per centralizzare e uniformare tutti i sistemi statali, a partire proprio dai sistemi di erogazione dei bonus e servizi di welfare statale. Colao ne parlava qualche settimana fa, collegandoli alla necessità di sviluppare un sistema di identità digitale nazionale.
Credo quindi che la nuova software house sia una scelta strategica molto precisa per mettere in atto una rivoluzione digitale statale ben più ampia di ciò che passa negli articoli di giornale, che ci porterà sempre più vicini verso identità digitale e poi social scoring.
Meme del giorno
Citazione del giorno
“The smallest minority on earth is the individual. Those who deny individual rights cannot claim to be defenders of minorities.”
― Ayn Rand
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#03 / Il Roomba spione
si vede che l'autore non ha mai lavorato nel sistema pubblico statale e non ha mai dovuto mettere le mani sui sistemi informativi delle pa.... altrimenti non scriverebbe una sciocchezza del genere!
I sistemi attualmente sono frammentati, non si parlano, è impossibile effettuare dei controlli precisi (quindi evasione a livelli catastrofici e tassazione altissima).
Nelle tre repubbliche baltiche hanno sistemi centralizzati da almeno 20 anni, sono paesi sempre in crescita dove la ricchezza sta arrivando a tutti. In italia i soldi pubblici sfuggono a qualsiasi controllo, ad esempio ogni comune fa i conti a se e i controlli vengono effettuati solo su quello che il comune dichiara e invia, in realtà se poi si guardano i conti interni la situazione è ben differente!
Tanti sistemi, tante aziende, tanti contratti da gestire, uguale spreco di denaro pubblico immenso.
Poi non ho capito il passaggio che se non ci si può fidare di google e fb, allora non questa cosa vale anche per lo Stato... Lo stato ha già tutti i nostri dati sparpagliati, se li mette assieme in un'unica banca dati si verificherebbe solo più efficienza, anche perché non è che i dati non si possono già aggregare oggi, non lo si fa solo perché è costoso. Chiedere a Istat