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Sorveglianza, social scoring, modello cinese - un mio articolo su Atlantico Quotidiano
Intellettuali e politici occidentali puntano a rendere accettabile anche da noi lo stato di sorveglianza e controllo tipico del modello cinese.
Su Atlantico Quotidiano è uscito un articolo in cui parlo del modello cinese che i nostri politici e intellettuali vorrebbero importare in occidente.
È un modello che chi mi legge conosce ormai bene: sorveglianza di massa, manipolazione dei comportamenti, censura e pianificazione centrale di ogni aspetto della società.
Molti si chiedono come facciano i cinesi a sopportare tutto questo. In realtà, non siamo poi così diversi dai cinesi, e nell’articolo cerco proprio di rispondere a questa domanda:
Non credo sia una considerazione banale riconoscere che anche i cinesi sono persone normali, come noi. L’accettazione e la rassegnazione di vivere in uno stato di sorveglianza perenne e sistematica non è tipica dei cinesi. Non è una questione culturale o genetica. Loro sono come noi. O meglio, noi siamo come loro – anche se facciamo fatica a capirlo.
Il modello cinese è quello di cui si parla a Davos. È il modello a cui i nostri politici si ispirano quando pianificano il futuro delle nostre città. È il modello che ha ispirato il mio racconto breve “21 maggio 2033” che molti di voi hanno già letto.
Che dire poi degli esempi di social scoring che proprio in questo periodo stanno nascendo in Italia, come l’esperimento di social scoring proposto a Roma e Bologna, chiamato Smart Citizen Wallet?
O ancora, il caso di Venezia, ormai una gabbia digitale a cielo aperto, o l’esperimento per una piattaforma nazionale di “economia comportamentale” tenutosi a Ivrea.