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Il mio viaggio alla scoperta della filosofia anarco-capitalista
Anarco-capitalismo: una filosofia politica fondata su proprietà, libero mercato e principio di non aggressione.
La “filosofia libertaria” fa parte di molti contenuti qui su Privacy Chronicles. Ho pensato quindi che sarebbe interessante capire qual è stato il percorso che mi ha portato ad interessarmi di questa particolare filosofia politica, e perché ritengo che dai suoi principi possa scaturire un migliore sistema di governo rispetto a quelli a cui siamo abituati.
Le basi
Anarco-Capitalismo (ANCAP) è un termine coniato da Murray N. Rothbard, economista e filosofo politico a cui si deve la nascita di questa particolare filosofia politica. Rothbard fu allievo di Ludwig Von Mises (1881 - 1973), liberale classico ed economista della scuola austriaca a cui si deve la nascita di molti dei principi che oggi sostengono la dottrina ANCAP.
Per Anarco-Capitalismo si intende quella filosofia politica che cerca di riconciliare principi anarchici1 con alcuni elementi tipici del capitalismo (libero mercato, laissez faire).
La filosofia ANCAP fonda l’idea di società sull’idea di libero mercato, rispetto assoluto della proprietà e principio di non aggressione. In altre parole:
Ogni individuo possiede in modo esclusivo il suo corpo, la sua mente e il frutto del suo lavoro
Nessuno è legittimato a disporre del corpo, mente o frutto del lavoro altrui senza il suo consenso (principio di non aggressione)
La società umana è esclusivamente organizzata attraverso il libero mercato, cioè un sistema in cui i mezzi di produzione — tra cui anche l’intelletto umano — e l’allocazione delle risorse avvengono esclusivamente grazie alla cooperazione volontaria tra persone, senza alcun meccanismo di pianificazione centrale
Secondo la filosofia politica ANCAP, nessuno può quindi lecitamente aggredire la proprietà (e quindi libertà) altrui. E poiché ogni aggressione è illegittima, l’altra faccia del principio di non aggressione è il diritto di autodifesa: ogni individuo ha il diritto di difendere la sua proprietà e libertà in modo proporzionale all’aggressione ricevuta.
In alcuni contesti, sono principi estremamente facili da comprendere, come nel caso di furti o aggressioni fisiche da parte di criminali. In effetti, già i nostri ordinamenti giuridici sanzionano questo tipo di comportamenti. Tuttavia, la differenza sostanziale è che secondo la filosofia ANCAP anche strumenti come leggi statali e tasse sono mezzi di aggressione della proprietà delle persone.
Il motivo è presto detto: le leggi statali sono strumenti attraverso cui un ente centrale impone con la forza il proprio volere, vietando ad esempio taluni comportamenti come l’aborto o l’uso di droghe. Questo si traduce in un’aggressione non consensuale della proprietà del corpo e della mente altrui. Lo stesso si può dire per le tasse, che non sono altro che un’esproprio forzoso non consensuale.
Una società anarco-capitalistica sarebbe quindi un sistema economico e sociale di libero mercato (contrattualistica), fondato sul riconoscimento del diritto naturale e inviolabile di proprietà e sul principio di non aggressione e autodifesa. La vita non sarebbe in effetti molto diversa da oggi.
L’unica differenza, rispetto a un ordinamento giuridico tradizionale, è che nessuno — neanche una minoranza eletta democraticamente — sarebbe legittimato ad aggredire la proprietà di corpo, mente e risorse degli individui.
Regole, ma condivise e liberamente revocabili
Ciò detto, una società ANCAP non sarebbe una società senza regole. Non può infatti esistere alcuna organizzazione umana senza la condivisione di regole comuni.
La differenza fondamentale sarebbe la capacità di organizzare comunità umane fondate su regole condivise di convivenza, a cui aderire o non aderire liberamente in base alla convenienza. Da queste regole sociali di convivenza, che non sarebbero altro che contratti, potrebbero scaturire anche obbligazioni solidaristiche, come tasse e imposte per finanziare sanità o sicurezza pubblica.
A differenza di ciò che succede oggi, però, gli individui sarebbero anche liberi di non aderire alle regole della comunità e vivere semplicemente la loro vita senza fruire dei benefici che ne deriverebbero. Ognuno sarebbe libero di svincolarsi dalle obbligazioni sociali, perdendo gli eventuali benefici annessi, ma continuando a vivere in quanto individuo sovrano nella sua proprietà — libero di lavorare e intrattenere rapporti commerciali e umani con chiunque voglia.
Viviamo nel migliore dei mondi?
Ora che abbiamo tolto di mezzo gli elementi essenziali della filosofia ANCAP, cercherò di raccontare il mio viaggio verso quella che alcuni chiamerebbero una radicalizzazione, passando attraverso alcune domande che mi sono fatto in questi anni.
Tutto iniziò mentre studiavo giurisprudenza. A un certo punto mi feci una domanda: cosa motiva le decisioni del legislatore e come facciamo a sapere che il mondo creato a partire da quelle decisioni è migliore rispetto a un mondo diverso?
Nonostante le migliaia di ore passate a studiare, nessuno mi aveva dato gli strumenti per rispondere a questa domanda, che nessuno sembrava farsi. Quindi cercai di arrivarci da solo, sfruttando la tesi di laurea.
La ricerca fu parecchio complessa. Non erano temi trattati nel corso di studi e la mia relatrice non aveva onestamente idea di cosa stessi parlando.
Cercando nei meandri della conoscenza umana, trovai qualche primo indizio nella “Chicago School of Economics”, una scuola economica e giuridica che diede vita a quella branca del diritto chiamata Law & Economics tipicamente statunitense.
La scuola di Chicago e Ronald Coase
In particolare mi colpì il pensiero di Ronald Coase, economista e premio Nobel.
Coase ebbe due grandi meriti: aver riportato al centro dello studio economico e giuridico la proprietà privata e aver formulato un concetto che venne poi chiamato da altri “Teorema di Coase”, che riporto brevemente:
«In assenza di costi di transazione il libero scambio tra gli individui porterà sempre ad una distribuzione efficiente delle risorse, indipendentemente dall'iniziale allocazione dei diritti di proprietà e dal regime di tutela adottato.»
Proprio a partire da questo teorema e grazie anche a diversi studi empirici — arrivai a una conclusione: un sistema giuridico, per dirsi efficiente, avrebbe dovuto avere come unico scopo quello di diminuire il più possibile gli impedimenti al libero scambio (costi di transazione), così da permettere alle persone di allocare nel miglior modo le risorse disponibili attraverso la cessione e acquisizione di titoli di proprietà.
Purtroppo non andai molto oltre, ma fu un primo importante tassello per iniziare il viaggio verso idee ben più “radicali”. Oggi sono lontano dalle idee economiche della scuola di Chicago, ma in quel periodo mi servì per iniziare inconsapevolmente un percorso che mi avrebbe portato a sfondare il muro di carta davanti al quale mi ero fermato dieci anni prima.
Bitcoin, moneta, preferenze di tempo
Non è stato un viaggio lineare. È servita tanta introspezione per smontare pezzo per pezzo tutte le convinzioni e pregiudizi che avevo costruito nel corso dei miei studi in giurisprudenza.
Scoprire Bitcoin ha avuto un grosso impatto nel direzionare il percorso. Studiare Bitcoin mi ha portato ad approfondire la natura della moneta, a scoprire l’effetto Cantillon, il ciclo del debito, la storia e vicissitudini del Gold Standard, il quantitative easing, l’inflazione e tanto altro…
Studiare la moneta mi ha anche portato a riflettere sui rapporti di forza tra chi oggi controlla la moneta e chi invece la utilizza. La moneta non nacque certo come strumento “statale” o delle banche centrali, che arrivarono solo migliaia di anni dopo.
E più trovavo risposte, più mi facevo domande.
Perché la moneta è monopolio dello Stato? Chi l’ha deciso? È davvero la situazione più desiderabile?
Questo mi ha permesso anche di scoprire che in base alla moneta e all’inflazione, cambiano anche le preferenze temporali delle persone. Queste preferenze modificano la percezione della realtà e la nostra società, che è radicalmente cambiata nel momento in cui qualcuno ha deciso per noi che era tempo di uscire dal gold standard e iniziare l’esperimento della moneta “FIAT” — distaccata cioè da ogni corrispettivo oggettivo e reale.
La natura dello Stato
Bitcoin ha dimostrato che la moneta può tornare a essere separata dallo Stato. Grazie a Internet e alla tecnologia moderna le persone possono essere libere di scambiare tra loro le risorse senza elevati costi di transazione (Coase).
Ecco allora che iniziai a interrogarmi sulla natura dello Stato. In questa ricerca mi aiutò un libricino di circa 60 pagine chiamato Anatomy of The State, scritto da Murray N. Rothbard. Fu il primo libro di Rothbard che lessi, senza neanche sapere chi fosse.
Dice Rothbard2:
Lo Stato è universalmente riconosciuto come un’istituzione per il servizio sociale.
Alcuni teorici venerano lo Stato come l’apoteosi della società - altri come un’organizzazione, spesso inefficiente, per raggiungere obiettivi sociali; ma praticamente tutti lo riconoscono come un qualcosa di necessario per raggiungere gli obiettivi dell’umanità, un modo per contrastare gli obiettivi del “settore privato” e vincere la competizione per le risorse.
Con lo sviluppo della democrazia, l’identificazione dello Stato con la Società è stata ancor più rimarcata, fino ad arrivare a sentire affermazioni che violano qualsiasi ragione e buon senso, come “lo Stato siamo noi”.
L’uso del pronome “noi”, collettivo, è stato un ottimo camuffamento ideologico per nascondere la realtà della vita politica.
Se “lo Stato siamo noi” allora tutto ciò che fa un governo agli individui non potrà mai essere ingiusto o tirannico, ma anzi sempre “volontario”, da parte degli individui".
Da questa premessa si capice che Rothbard è estremamente critico dell’idea di Stato come identificazione di Società. Per farlo, parte dalle basi.
Riprendendo la filosofia di John Locke, Rothbard afferma che l’uomo nasce a questo mondo senza sapere nulla, se non che per sopravvivere dovrà usare il suo intelletto, imparare a usare le risorse naturali e trasformarle per sopperire ai suoi bisogni.
È così che l’Uomo scoprì che poteva migliorare la sua situazione attraverso la produzione e il libero scambio, e che attraverso questo libero scambio migliorava non solo la sua qualità di vita, ma quella di tutti i partecipanti.
Gira che ti rigira, era un po’ quello che diceva anche Coase, con tanto di dimostrazioni empiriche.
Nella realtà, l’Uomo ha però due modi per aumentare il suo benessere: il primo è attraverso il libero scambio. Questo è il metodo del mercato. Il secondo è attraverso l’uso della forza e della violenza. Questo è il metodo della confisca, del furto della proprietà altrui — il metodo politico.
La Teoria dei Giochi ci dice che la soluzione cooperativa (quando possibile) è sempre superiore rispetto alla soluzione non cooperativa. Non avevo quindi motivo di dubitare che il metodo del mercato fosse superiore e preferibile al metodo politico.
Insomma, a vederla così sembrava che il più grande costo di transazione e impedimento al metodo economico fosse proprio lo Stato, in quanto espressione del metodo politico.
Prima arriva il mercato, poi lo Stato
A questo punto mi erano chiare alcune cose:
che l’Uomo nasce libero
che l’intelletto è il primo e più importante “fattore di produzione”
che dall’uso dell’intelletto per lo sfruttamento delle risorse naturali deriva uno dei più importanti diritti naturali, la proprietà
che l’unico modo pacifico di sopravvivere e migliorare la propria condizione è attraverso il libero scambio di titoli di proprietà
Lo Stato è invece un’organizzazione che si sostituisce al mercato, attraverso il metodo politico. Lo Stato, dice Rothbard, fornisce un canale legale, organizzato e sistematico per la predazione della proprietà privata degli individui, mentre allo stesso tempo rende certa, sicura e pacifica la sopravvivenza di una casta di parassiti, grazie al loro monopolio della forza.
E poiché…
la produzione deve sempre precedere la predazione, è chiaro che il libero mercato precede sempre logicamente lo Stato. Non è mai stato creato da un “contratto sociale”, ma è sempre nato attraverso la conquista violenta e lo sfruttamento.
Il classico paradigma è quello della tribù violenta, che a un certo punto capisce che invece di uccidere e distruggere, sarebbe più efficiente conquistare e integrare le tribù conquistate - concedendogli di vivere e produrre, obbligandole a versare un tributo annuale al conquistatore.
Insomma, ben presto mi convinsi che lo Stato non è un soggetto essenziale e necessario per produrre ricchezza, stringere rapporti umani e intraprendere relazioni economiche — come dimostrato anche dalla nascita di Bitcoin.
Anzi, è uno strumento ad uso e consumo di gruppi di potere che portano avanti logiche parassitarie, violente e distruttive a scapito di tutti gli altri, sfruttando il monopolio legale dell’uso della forza.
“lo Stato dichiara ed esercita il monopolio del crimine… dichiara vietato l’omicidio, salvo poi organizzarlo su larga scala. Punisce il furto, salvo poi mettere le proprie mani su qualsiasi cosa voglia, che sia proprietà dei cittadini o proprietà di stranieri”.
Albert Jay Nock
Collettivismo e tribalismo
Se lo Stato è questa cosa qui, come siamo arrivati al punto di accettare passivamente e rassegnatamente ogni violenza perpetrata dallo Stato in nostro nome, contro di noi?
Com’è possibile pensare davvero che “lo Stato siamo noi”, se ci sono secoli di storia umana, anche recente, che suggeriscono l’esatto contrario?
La risposta a queste domande non arrivò dalla filosofia politica. Locke, Mises, Rothbard, Hoppe e tutti gli altri non mi aiutarono più di tanto. Arrivò invece dai lavori di Ayn Rand, scoperta quasi per caso.
Ayn Rand non era un’anarco-capitalista. Il suo interesse era nello studio dell’animo umano, della filosofia morale (etica), della metafisica e dell’epistemologia.
Iniziai la scoperta di Rand col suo magnum opus, Atlas Shrugged, un romanzo molto impegnativo che in realtà è un distillato di etica, epistemologia e psicologia. Murray Rothbard descrisse così Atlas Shrugged nel 1957:
“Atlas Shrugged is not merely the greatest novel ever written, it is one of the very greatest books ever written, fiction or nonfiction. Indeed, it is one of the greatest achievements the human mind has ever produced.”
Ayn Rand mi ha fatto capire che a questo mondo coesistono due ideologie opposte: quella collettivista - tribale, e quella individualista.
L’ideologia collettivista appartiene a coloro che credono che l’essere umano sia una piaga sociale, un animale violento pronto a mordere, da domare. Credono che l’unico modo di governare il genere umano, in quanto animale violento, sia col bastone. Nella loro visione, senza la conduzione di un potere in grado di sovrastare la violenza umana con la sua violenza, il mondo scadrebbe nel caos.
L’ideologia statalista che ne scaturisce trasforma l’uomo in un animale sacrificale, il cui compito è sottomettersi al volere della tribù, che oggi si chiama Stato. Chi pone i propri interessi al di sopra di quelli della tribù-stato è un soggetto pericoloso, da combattere.
Gruppi politici e caste
Se l’ideologia statalista trasforma l’uomo in un animale da sacrificare per “interessi superiori”, e se lo Stato è il mezzo attraverso cui domare l’uomo-animale, allora lo Stato e la democrazia forse non sono altro che un sistema in cui gruppi politici cercano di acquisire legittimazione dalle loro stesse vittime, per diventarne i carnefici.
Ludwig Von Mises nel 1945 affermava che è lo Stato a creare caste e classi sociali3:
“In un sistema di caste la società è divisa in gruppi rigidi. Dalla partecipazione alla casta derivano determinati privilegi ed elementi negativi. Il destino di una persona è inseparabilmente connesso con quello del gruppo di appartenenza e questa non può aspettarsi alcun miglioramento della sua situazione personale, se non attraverso un miglioramento della condizione della casta.
È per questo che nascono interessi comuni tra i membri della stessa casta e interessi confliggenti tra membri di caste diverse.
Ogni gruppo mira ad ottenere nuovi privilegi mantenendo quelli già acquisiti. In una società di questo tipo ci sarà sempre un antagonismo inconciliabile tra le caste. In una società di libero mercato non ci sono gruppi privilegiati o non privilegiati, non ci sono caste e quindi non ci sono conflitti tra caste. Ciò che prevale è la piena armonia degli interessi di tutti gli individui di ogni gruppo.
La nostra società è piena di conflitti tra gruppi con interessi diversi. Ma questi conflitti non sono inerenti alla natura di una società capitalistica di libero mercato. Sono il risultato delle politiche dello Stato, che interferiscono con il mercato. Non sono conflitti tra classi marxiste. Sono conflitti che derivano dal fatto che il genere umano sta tornando indietro a logiche di privilegio di gruppo, verso un nuovo sistema di caste.
Come dargli torto, quando siamo ormai circondati ovunque da gruppi politici che rivendicano diritti (privilegi) proprio in ragione dell’appartenenza al gruppo? Non siamo più esseri umani titolari di diritti naturali inviolabili, ma bestie che combattono tra loro per conquistare il diritto di usare la violenza di Stato nei confronti delle altre bestie.
Charles Comte e Charles Dunoyer scrivevano che la classe dominante può essere definita come la classe che riesce a governare lo Stato, dominando così le altre “classi”, attraverso il potere di governo.
Il parlamento, insomma, non è altro che un grande mercato, dove lo scambio non avviene in moneta ma con metodo politico, dove gruppi e classi con interessi confliggenti cercano a tutti i costi di accaparrare privilegi a discapito degli altri, con l’uso della forza.
Non finisce qui
E così, arrivai ad essere d’accordo con molti argomenti della filosofia anarco-capitalista…Se vuoi continuare anche tu questo viaggio, iscriviti a Privacy Chronicles e inizia a leggere Lettere Libertarie, la rubrica in cui parlo di filosofia libertaria e cripto-anarchia.
Per anarchia non si intende assenza di regole e caos, quanto piuttosto il disconoscimento di ogni modalità di governo fondata su un’autorità centrale che attraverso il monopolio e l’uso della forza imponga le sue regole alla popolazione. Un sistema anarchico è invece fondato su regole adottate volontariamente e condivise (legge privata, contratti), senza che nessuno abbia lecitamente il monopolio della violenza per imporre le proprie regole.
traduzione libera dall’inglese
traduzione libera dall’inglese
Il mio viaggio alla scoperta della filosofia anarco-capitalista
Imprescindibile. Grazie Matte!